[ 25 Giugno 2020 by ditirammu 0 Comments ]

“VICTORIA STATION” E “IL BICCHIERE DELLA STAFFA”

“VICTORIA STATION” E “IL BICCHIERE DELLA STAFFA”

15 DicembreDic 2019 18:00 - 19:30 UTC

“VICTORIA STATION” E “IL BICCHIERE DELLA STAFFA”

 6 Dicembre 2019 – ore 21:00
7 Dicembre 2019 – ore 21:00
8 Dicembre 2019 – ore 18:00
13 Dicembre 2019 – ore 21:00
14 Dicembre 2019 – ore 21:00
15 Dicembre 2019 – ore 18:00
Teatro Ditirammu

di Harold Pinter
regia di Gigi Borruso
con Gigi Borruso, Dario Frasca, e altro cast da definire (un’attrice e un bambino)
Scene e costumi Valentina Console
Luci Vittorio Di Matteo

 Prima assoluta
Produzione Ditirammu

 Penso che questo secolo sia realmente il secolo più selvaggio, più violento, per quanto ce ne siano stati di secoli violenti nella storia dell’umanità. Ma non riesco a pensare a un altro secolo selvaggio quanto il ventesimo secolo, un secolo in cui si suppone che abbiamo fatto progredire l’intera società umana, in cui abbiamo creato progresso nella civiltà e nell’intelligenza.
Harold Pinter

Due short play del grande drammaturgo inglese, due diversi campi di indagine, esistenziale e politica, per un viaggio dentro l’alienazione e la violenza del nostro mondo.

Victoria Station
Questo brevissimo atto unico del 1982 è uno dei lavori meno noti e rappresentati di Pinter. Una storia metropolitana e notturna, sospesa e quasi irreale. In scena un tassista, che sembra girare senza meta per la città nella sua Ford Cortina, e la voce dell’uomo della centrale, chiuso nel suo ufficio, che gli chiede di non perdere tempo e di andare subito a prendere un certo Signor MacRooney a Victoria Station. Ma l’autista dice di non sapere dove si trovi Victoria Station, e rivela d’avere un passeggero a bordo, una donna, che non vuole andare da nessuna parte. Così, dopo aver circolato a lungo, dice di essersi fermato nei pressi di un parco buio, sotto un bellissimo edificio, il Cristal Palace. Eppure il Cristal Palace, come l’uomo della centrale gli fa notare, è bruciato in un grande incendio. Dov’è allora il nostro tassista? Chi è la donna che porta con sé? Il dialogo si dipana con il gusto per l’assurdo, che spesso vira verso una comicità raggelante, che ben conosciamo dagli altri testi di Pinter. Diviene la metafora di una vita inespressa, chiusa, densa di fragilità, frustrazioni, desideri irrealizzati, fughe dalla realtà. E i due uomini nella notte, il controllore e il tassista, ognuno chiuso nella propria solitudine, sembrano quasi dipendere l’uno dall’altro. L’uno dalla voce dell’altro. “Non mi abbandonare, sono io il tuo uomo, l’unico di cui ti puoi fidare”, implora l’autista all’uomo della centrale quando questi sta per rivolgersi ad un altro taxista. “Sono solo, in questo miserabile e freddo ufficio e nessuno mi ama”, impreca il centralinista…
Il bicchiere della staffa (One for the Road)
Uno dei testi forse più “politici” di Pinter, andato in scena per via prima volta nel 1984, e ispirato probabilmente alle tragiche vicende della dittatura argentina. Un testo emblematico sui rapporti di dominio, sull’uso della parola quale arma devastante, sull’impotenza delle vittime. Una breve pièce che è anche una sintesi fulminante dell’attitudine pinteriana a costruire dialoghi inquisitori e oppressivi, dove si dispiega tutta la follia che regge la logica del dominio della nostra civiltà.
Ci troviamo dinanzi all’interrogatorio che Nicolas, un uomo dei servizi o della polizia, infligge a una coppia di intellettuali trentenni e al loro bambino di sette anni. La loro colpa, si ribadisce, è quella di “pensare”, anziché semplicemente di “vivere”. Le parole asciutte, apparentemente civili, a volte cordiali di Nicolas, rivelano in controluce un sadismo sottile, insostenibile, osceno. La violenza, quella fisica, avviene fuori scena. Ma, nel chiuso della stanza dove Nicolas interroga le tre vittime si palesa l’ossessione del controllo, l’annientamento dell’altro attraverso la parola, la minaccia costante della violenza che pesa sulle nostre teste.
Potremmo essere nell’Argentina della dittatura e dei desaparecidos, come in un qualunque altro paese autoritario. Ma l’opera di Pinter, non è semplicemente atto di denuncia o atto banalmente politico. È piuttosto una profonda e spietata indagine sulle dinamiche del potere dell’uomo sull’uomo, un terribile squarcio sulla nostra paura dell’altro, sulla “parola” come strumento di dominio e controllo.

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